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Il Primo ricettario salutista : Regimen Sanitatis – i condimenti – ( parte Due )

Nei precedenti articoli abbiamo introdotto il Trattato Regimen Sanitatis di Maino de’ Maineri ( parte 1 e parte 2 )

In un primo articolo, abbiamo introdotto questo magnifico libro, scritto da Maino de’ Maineri, parlando dei suoi principi base. Lo trovi qui.

Le salse svolgono un ruolo molto importante nella preparazione e consumazione dei piatti a base di carne. In virtù della loro funzione correttiva esse rendono il cibo più gustoso e digeribile, in quanto “quod est delectabilius est ad digestionem melius” afferma Maino de’ Maineri nel suo Regimen. E nell’Opusculum de Saporibus precisa che si tratta di condimenti da utilizzare in quantità moderate: “saporibus non est utendum in sanitatis regimine nisi in pauca quantitate et ut corrigatur quorundam ciborum malizia seu saltem remittatur”.

Questo perché la natura delle salse, costituite prevalentemente da spezie ed elementi acidi, è più medicinale che culinaria. Esse hanno effetti benefici sulle funzioni corporali: stimolano l’appetito, favoriscono la digestione, svolgono azione sia lassativa che astringente. L’uso di spezie in cucina con funzione medicinale comincia ad affermarsi nel primo Medioevo. Già nei secoli IX-X si registra un notevole flusso di spezie sui mercati d’Italia e Francia e crescente è l’interesse per tali prodotti in ambito culinario e dietetico.

La cucina romana (secondo la compilazione della fine del IV secolo trasmessaci sotto il nome d’Apicio) utilizzava soltanto, in termini di spezie esotiche, il pepe e il silphium (lo zenzero, soltanto per scopi medicinali), mentre la parte principale dei condimenti era costituita da aromi indigeni. È proprio nei trattati di dietetica che le spezie fanno la loro prima apparizione.

Antimo, medico greco vissuto nella prima metà del VI secolo, giunto in Italia alla corte di Teodorico re dei Goti a Ravenna, dedica un’epistola in latino a Teodorico re dei Franchi, intitolata De observatione ciborum, contenente ricette che prevedono l’impiego di spezie non presenti nella cucina romana. In essa egli designa i cibi “buoni” e la corretta maniera di cuocerli. In tal senso, le spezie svolgono un preciso ruolo curativo: per esempio, pepe, zenzero e chiodi di garofano (le ultime due non presenti in Apicio) vengono impiegati in un condimento assegnato a una pietanza a base di carne di lepre allo scopo di favorire la digestione.

Ancora, i chiodi di garofano sono menzionati in un condimento a base di spezie da abbinare alle carni di vacca.

Un cuoco … uno scienziato

Le Spezie

Altri testi di ricette dell’alto Medioevo testimoniano questa graduale affermazione delle spezie nella cucina e nella dietetica medievale.

Successivamente all’VIII secolo si ha un’evoluzione progressiva dell’impiego delle spezie attestata nei libri di cucina del XIII-XIV secolo.

Nei trattati di dietetica del medesimo periodo, le spezie svolgono la duplice funzione di correggere gli “umori” cattivi (o in eccesso) dei cibi, e di migliorarne il gusto favorendo la digestione. Lo stesso Magnino nell’ Opusculm de Saporibus sviluppa alcune considerazioni di utilità pratica circa il consumo delle salse e il loro abbinamento ai cibi. Innanzitutto (è la prima consideratio), gli individui sani devono fare uso il meno possibile di spezie.

 Questo suggerimento non compare nel Regimen, mentre sono presenti la seconda e la terza consideratio, delle quali l’una prescrive che “quanto sapor plus distat a natura cibi, tanto minus ex eo est comedendum”. L’altra, la terza, riguarda l’avvicendarsi delle stagioni: “quod temporibus etate conclusioni frigoris utendum est salsis calidis et converso”.

Nelle stagioni intermedie, primavera e autunno, è bene usare salse temperate. Così, in estate è bene impiegare ingredienti quali agresto, succo di limone, aceto, grani di cetrangolo, assieme a zucchero, acqua rosata, mandorle e pane arrostito. Talvolta si aggiunge prezzemolo o serpillo (erbe più speziate). Nella stagione invernale, invece, è opportuno impiegare salse dai sapori forti e molto speziati: sono adatti senape, eruca, zenzero, chiodi di garofano, cinnamomo, aglio e aceto non molto forte. Si tratta di prescrizioni culinarie e dietetiche, i cui supporti teorici fanno riferimento alla già menzionata teoria dei quattro umori e all’importanza accordata al fattore clima/stagioni nel regime.

È mediante tale teoria che si spiega il considerevole impiego di spezie nelle salse cosiddette invernali nelle opere mediche coeve a quella di Maino de’ Maineri. Per esempio, Arnaldo di Villanova consiglia per la composizione delle salse invernali mostarda, zenzero, pepe, cannella, chiodi di garofano, vino, aceto; alcune di esse sono le stesse menzionate da Magnino (zenzero, pepe, chiodi di garofano, vino, aceto).

Le salse estive

Mentre (sempre in Arnaldo) le salse estive sono composte da agresto, succo di limone, zucchero, acqua di rose. Del tutto simile è la composizione della salsa-base estiva in Maino de’ Maineri.

Anche l’importanza accordata al fattore stagione, che abbiamo visto operante nella scelta delle salse, è un valore più generale che ha origini antiche; per esempio, nel trattato pseudo-ippocratico De diaeta (fine V secolo a.C.) viene fornito un regime stagionale; nelle epistole di Diocle di Caristo, medico greco vissuto nel IV secolo a.C., la dieta quotidiana non è disgiunta da considerazioni climatiche connesse all’avvicendarsi delle stagioni.

Ancora, nella Roma alto-imperiale (I secolo d.C.) il medico[1]enciclopedista Celso dedica alla dietetica i primi quattro libri degli otto componenti il suo trattato De medicina e, all’interno di essa, fornisce un regime stagionale sul modello di quello ippocratico. Il tema della dieta connesso alle stagioni permane nella dietetica medievale, anche se i trattati dei secoli XIII e XIV accordano maggior rilievo all’alimentazione che non alle altre “res non naturales” (fra cui il clima), e rivelano un’accezione di dieta meno ampia di quanto la si intendesse nella dietetica classica. Il trattato di Maino de’ Manieri costituisce un’eccezione, in quanto il medico milanese è astrologo, e dunque interessato a definire con precisione il tempo astrologico ancor prima del tempo medico. Non a caso, un intero capitolo della terza parte del Regimen è dedicato alle stagioni dell’anno (De temporibus anni).Non soltanto i fattori climatici sono importanti nell’opera di Magnino; anche le qualità intrinseche dei cibi non devono essere trascurate.

Per esempio, nell’Opusculum de Saporibus la quarta (e ultima) consideratio (presente pure nel Regimen) riguarda la scelta delle salse secondo il “temperamento” delle carni. In base a tale avvertimento, quanto più i cibi sono temperatiores, tanto meno necessitano di condimenti speziati (o pig[1]mentati); inversamente, quanto più sono lapsi a temperamento, tanto più richiedono l’impiego di salse che ne riequilibrino gli “umori” in eccesso. Entra in gioco il “principio dei contrari” (di derivazione ippocratica), secondo cui a cibi tendenzialmente di natura “fredda” e “umida” deve essere abbinata una salsa “calda” e “secca” e, viceversa, a cibi di natura “calda” e “secca”, è bene associare salse “fredde” e “umide”.

Ancora, nella realizzazione concreta delle ricette, occorre armonizzare fra loro qualità della carni, metodi di cottura, composizioni delle salse. Per esempio (è il Regimen), per carni di animali quali l’ariete castrato, il vitello, il capriolo, è suggerita come cottura la bollitura e, come con[1]dimento, la salsa verde molto comune nella cucina dei secoli XIV e XV. Essa è composta nella versione estiva da agresto con poche spezie senza aglio, come prezzemolo e zenzero bianco, con l’aggiunta di aceto e pezzetti di pane arrostito e imbevuto nell’aceto. In inverno, la composizione-base rimane la stessa, ma si aggiungono più spezie e un po’ di aglio, vino e poco agresto. Oppure, è sufficiente l’impiego di senape o eruca.

La salsa verde invernale si differenzia da quella estiva per l’impiego del vino, che sostituisce l’aceto, e per l’uso di una maggiore quantità di spezie. Questa salsa è considerata nella cucina medievale “calda” e “secca”, giacché fra i suoi componenti è presente il prezzemolo, erba alla quale tutte le autorità, dai naturalisti, ai botanici, ai medici assegnano grado 3 di “secchezza”, secondo una scala di valori compresa fra un minimo di 1 e un massimo di 4 gradi.

Lo zenzero bianco presenta il grado di “secchezza” più basso rispetto agli altri ingredienti della salsa, oscillante fra 1 e 2; lo zenzero infatti è più vicino a un valore temperato di “umidità” e di “calore”.74 Nel trattato del medico milanese una siffatta scala di valori da 1 a 4 riguardante differenti gradi di “umidità”/“secchezza”, “freddezza”/“calore” non compare.

Tuttavia, l’autore presuppone una certa gamma di sfumature fra le sostanze, per cui alcune sono più “secche”, oppure più “calde” di altre.

L’assenza nel Regimen di indicazioni numeriche investe anche le quantità di ingredienti da impiegare nelle ricette. Si tratta di un dato caratteristico di molti trattati di dietetica (e libri di cucina) redatti nell’Europa tardo-medievale, dovuto, pare, più che a una mancanza di precisione nella formulazione delle ricette, a una destinazione professionale di tale letteratura. Non si discosta da questa tendenza il Regimen di Maino de’ Maineri; in esso l’attenzione è soprattutto rivolta alla combinazione salsa-cibo-stagione: la salsa verde viene consigliata per l’arrostitura di porco, in estate; in inverno, è opportuna una salsa liquida, composta da vino, cipolle e senape. Non sono menzionate né le dosi dei componenti le salse, né la quantità di carne; lo stesso vale per le altre ricette.

Per esempio, alle carni bovine bollite viene abbinata come salsa il piper bulitum: gli ingredienti vengono cotti nel brodo della carne con pezzetti di pane arrostito (per rendere la salsa più densa) inzuppato nell’agresto, in estate; senza agresto in inverno. Non vi sono indicazioni di misure e pesi, o tempi di cottura.

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