I muretti a secco per valorizzare i terrazzamenti
Nel precedente articolo sui muretti a secco ( Parte 1 ) abbiamo discusso sulle caratteristiche principali sulla sostenibilità ambientale della loro costruzione a secco; con questo articolo andremo a fondo sulle proprietà di “confinamento” degli stessi.
Tutte le stagioni sono adatte al rifacimento dei muri a secco; l’autunno-inverno è però il periodo più adatto, sia per il maggior tempo libero che per la minor fatica fisica dovuta alle temperature
I muretti a secco di tutto il mondo sono dal 2018 nella lista del patrimonio culturale dell’Unesco. Tra le motivazioni: dimostrano l’armoniosa relazione tra uomini e natura, prevengono frane e inondazioni, combattono erosione e desertificazione. Motivazioni che si aggiungono all’importante incremento, tramite i terrazzamenti, della superficie agricola utile, e dotarla di strutture di supporto, anche per muoversi agevolmente sui terreni che, altrimenti, sarebbe troppo scoscesi.
I muretti a secco rivestono una specifica funzione nel paesaggio e nell’ecosistema e costituiscono una importantissima nicchia ecologica.
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Il muretto a secco, innalzato con le pietre tolte al terreno, oltre a delimitare i confini, assume un ruolo ambientale di rilevante importanza perchè rappresenta un vero e proprio “corridoio ecologico” che permette la veicolazione di una microfauna ricca di insetti, piccoli rettili ed anfibi che operano spontaneamente, in modo sinergico all’agricoltura umana, al mantenimento di un ambiente sano e privo di parassiti. Gli interstizi ne divengono dimora e nascondiglio.
I muretti a secco, con la vegetazione spontanea che cresce tra le pietre o a ridosso dei muri stessi, costituiscono un importante ecosistema. In loro corrispondenza si crea un microclima particolare, favorevole alle piante mediterranee che possono così, grazie alla maggiore disponibilità idrica, superare la crisi estiva.
Sono decisamente numerose le specie botaniche che crescono lungo i muri a secco. Si va dai più comuni rovi, ai cespugli di salvione giallo o di timo, ma troviamo anche il lentisco, il mirto, l’alaterno e la quercia spinosa. Ci sono poi la rosa di S. Giovanni, il prugnolo, la reseda alba e il finocchio comune con l’asparago pungente e numerose graminacee.
La ricchezza maggiore di specie botaniche si ha proprio tra le fessure delle pietre ricoperte da muschi e licheni, veri pionieri della complessa ed affascinante vita che pulsa nel muro a secco. Il substrato che si sviluppa dall’azione combinata dei licheni e dai muschi permette poi la nascita di altre piante superiori.
Muretto a secco di confine ripristinato utilizzando il pietrame preesistente e nel rispetto della tipologia costruttiva originale
Nelle fessure, dove si ha la condensazione della rugiada, si possono incontrare diverse aspleniaceae come l’erba ruggine, nonché l’ombelico di Venere, la draba murale, numerose scrofulariaceae e le veroniche. Specie lianose, come l’edera, e la salsapariglia nostrana, ricoprono spesso i muri a secco più vetusti, offrendo, con le loro fronde ricche di fogliame, ripari ai nidi di numerose specie di passeriformi.
È fondamentale quindi, specialmente nel ripristino dei muretti a secco parzialmente crollati, tener conto di queste funzioni ecologiche e paesaggistiche.
Dal punto di vista paesaggistico i muretti a secco rivestono una fondamentale importanza nella difesa del suolo, il muro a secco funziona come un grande filtro nel caso in cui venga impiegato per realizzare dei terrazzamenti che costituiscono un grande sistema regolatore delle acque che scorrono sulle pendici dei versanti. Il suo impiego per la costruzione di terrazzamenti è stata l’idea su cui si fonda la tecnica delle “briglie filtranti” in idraulica, con lo scopo di ridurre la pressione idrostatica.
Inoltre la presenza dei muretti a secco nelle zone aride aiuta non solo a combattere l’erosione del suolo ma riveste una importante funzione nella lotta alla desertificazione e salificazione del suolo. In diverse parti del mondo infatti la pietra è utilizzata, dalle culture che si sono dovute adattare a sopravvivere alla scarsità di acqua, come superficie di captazione dell’acqua. Non solo nelle aree della Cina, della Nuova Zelanda e dell’Africa e del Medio Oriente, ma anche nel mediterraneo, ad esempio nel sud di Spagna e Italia, si rinvengono strutture in muratura a secco che vengono costruite con appositi criteri per essere utilizzate come “collettori” dell’umidità dei venti che viene catturata e letteralmente spremuta grazie alla disposizione delle pietre posate a secco con larghi interstizi che fungono anche da superficie di condensa. In questo caso l’uomo non fa altro che assecondare un processo che accade naturalmente dalla notte dei tempi e che ha osservato e cercato di riprodurre. La rugiada, infatti, compare naturalmente sul suolo e sulla vegetazione.
Quando il vapore acqueo contenuto nell’aria viene a contatto con superfici rese fresche dall’irraggiamento la rugiada condensa in gocce d’acqua.
Di fondamentale importanza per questi impieghi è la tipologia di pietra utilizzata nella costruzione di muretti a secco che non devono contenere pietre con superfici levigate per raccogliere la condensa e pietre con superfici porose in grado di raccogliere l’acqua e cederla gradualmente al terreno.
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