L’organo a canne è stato sempre considerato uno strumento relegato nelle Chiese cattoliche per le Chiese cattoliche, in realtà, la dignità e la storia di questo strumento sono molto più profonde ed interessanti.
La sua importanza in campo letterario, archeologico e figurativo, mostra uno strumento con precisi caratteri politici e diplomatici, tali da renderlo immagine sonora del potere imperiale della Antica Roma.
Come per tutte le storie che non ti aspetti, questo articolo parlerà di uno degli Imperatori romani più famosi e discussi: Nerone. Le Fonti storiche su questa particolare vicenda ci sono state tramandate da Svetonio e Vitruvio, con due visioni politiche completamente diverse.
Il contributo prende avvio dalla scelta di Vitruvio, ingegnere del primo Augusto, di inserire nel De Architectura lo strumento quale macchina complessa, utile in tempo di pace ad esprimere l’immagine della gloria e della potenza dell’imperatore che era in grado di costruirla.
Si prosegue, poi, riferendosi alla presenza dello strumento durante l’impero di Nerone e proponendo l’ipotesi dell’esistenza di uno strumento proprio nel palazzo privato dell’imperatore. Attraverso la rilettura di alcuni passi della Vita Neronis di Svetonio e alcune rilevanze archeologiche messe in luce nella Domus Aurea sull’Esquilino, viene proposta una nuova interpretazione della vita, soprattutto musicale, di Nerone.
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NERONE E L’ELLENISMO
Nerone, come i componenti della famiglia dei Tolemei, viene educato da figure dal carattere ‘speciale’ come un danzatore e un barbiere (ricordiamo che, secondo la tradizione vitruviana e di Ateneo di Naucrati, Ctesibio stesso era figlio di barbiere o barbiere egli stesso).La propensione di Nerone verso la musica, il teatro e gli spettacoli crebbe con lui e raggiunse la massima espressione quando divenne imperatore. Come i re ellenistici, egli sapeva che la gloria del proprio Impero in tempo di pace si dimostrava anche attraverso la grandezza degli spettacoli.
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I suoi contatti con il mondo ellenistico si colgono nelle relazioni che egli instaura con gli Alessandrini. Un numero importante di suoi collaboratori, infatti, era di origine alessandrina, come T. Claudio Balbillo, il prefetto inviato in Egitto all’inizio dell’Impero neroniano, che si occupava del museo e della biblioteca.
Vi sono testimonianze relative all’organo nell’Impero romano durante il regno di Nerone. Il percorso, letterario e archeologico, mostra uno strumento con precisi caratteri politici e diplomatici, tali da renderlo immagine sonora del potere imperiale. Così lo strumento si era già delineato sin dalla sua invenzione per mano di Ctesibio, ingegnere alla corte di Tolemeo II Filadelfo. Il rapporto tra Ctesibio e Tolemeo, infatti, appare in sintesi come la relazione intercorsa tra un technites e un tecnocrate, o meglio tra un technites che propone al suo tecnocrate committente delle macchine per il buon governo.
Tale rapporto pare riproporsi, in ambiente romano, con Vitruvio e il dedicatario della sua opera: l’imperatore Augusto.
In questa ‘prospettiva politica’ – ossia organo come artefatto legato a logiche di potere valide in tempo di pace, va riletta la presenza dello strumento anche durante il regno di Nerone (54-68 d.C.).
Nerone uomo d’Arte … men che meno uomo della Politica
Nella Vita dei Cesari di Svetonio si legge che il giovane imperatore era rimasto molto affascinato dalla cultura orientale e aveva apprezzato soprattutto la sensibilità verso l’arte e lo spirito competitivo che caratterizzava gli agoni, veri esempi di cultura. Il coinvolgimento di Nerone è tuttavia totale e, per Svetonio, di segno negativo: l’imperatore è coinvolto a tal punto da dimenticare i suoi compiti pubblici. Così quando a Napoli, nel marzo del ’68, riceve la notizia dell’insurrezione delle Gallie, guidata da Giulio Vìndice legato della colonia lugdunense, egli «disturbato durante la cena da una lettera allarmante, limitò la sua collera a minacciare ogni male a coloro che si erano ribellati»
Questo a testimoniare sia l’esistenza di questo “strumento di altissima tecnologia musicale” sia il suo dispiacere no per la ribellione delle colonia, ma, per il ritardo nello sviluppo dell’organo idraulico.
L’atteggiamento di Nerone ricorda la fiducia che i re ellenistici riponevano nella conoscenza: nell’apparente follia, egli sembra convinto di riuscire a mantenere stabile il proprio regno attraverso la dimostrazione del sapere e della conoscenza tecnologica.
Dove poteva essere ubicato l’Hydraulis di Nerone?
Il complesso palaziale delle Domus Aurea ricopriva una superficie di ben 80 ettari e occupava il cuore della città estendendosi, con intento ideologico, su uno dei siti più sacri della romanità: l’antico Septimontium. La parte del complesso architettonico che qui interessa è quella situata sul padiglione Esquilino, settore della Domus riservato all’otium dell’imperatore, con funzioni di rappresentanza e propaganda.
La struttura è divisibile in due parti: quella occidentale, con un impianto architettonico tradizionale, pare fosse riservata all’imperatore, mentre la zona orientale, dalla struttura innovativa, pare fosse destinata a rappresentanza. Quest’ultima si caratterizzava per la presenza di una sala ottagonale che oggi è considerata il fulcro attorno al quale si sviluppava a raggiera il resto dell’ala del palazzo.
È possibile dunque che gli ingegneri di Nerone, i quali avevano dotato il palazzo dell’Esquilino di alcuni apparati idraulici ctesibiani, non avessero trascurato neanche l’organo idraulico, descritto dal contemporaneo meccanico alessandrino trapiantato a Roma: Erone.
Quando Nerone chiamò «a casa sua» i senatori per mostrare loro un nuovo genere di organo idraulico, è verosimile che li avesse portati proprio nella parte orientale del palazzo sull’Esquilino. Si sarebbe trattato forse del luogo ideale: era un palazzo privato ma ugualmente di rappresentanza. Nerone, inoltre, pare essere l’unico a conoscere lo strumento (o, per lo meno, si trattava ancora di un modello sconosciuto che egli presto avrebbe portato in teatro per mostrarlo all’ampio pubblico); lo strumento quindi non poteva trovarsi nel Palatium sul Palatino, centro politico per eccellenza frequentato abitualmente dai senatori e da tutti i patrizi romani.
L’organum novi generis, che Nerone voleva mostrare ai suoi uomini, poteva pertanto trovarsi nella parte orientale del palazzo privato: se non proprio nella sala ottagonale, destinata ai banchetti più sontuosi, o in quelle definibili locali alcova, lo strumento poteva essere in una sala vicina e di anticamera a quegli ambienti, come il Nymphaeum, ambiente legato al culto delle acque e reso più suggestivo dalla presenza di un altro dispositivo idraulico: la cascata alimentata con acqua dell’Esquilino.
Svetonio e le sue “frecciatine” a Nerone.
Purtroppo la nostra fonte principale, la Vita svetoniana, non ci aiuta oltre a sostegno dell’ipotesi circa questa ubicazione precipua. Sebbene Nerone e gli intellettuali dell’epoca – come Erone, Plinio e Seneca – avessero conservato i tratti della politica ‘meccanica’ tolemaica, qualcosa nel processo di trasmissione della politica tecnocratica dal mondo romano di Nerone a quello svetoniano era cambiato. Evidentemente la cultura romana del periodo svetoniano aveva rimosso il ricordo della concezione ellenistica di potere inteso come conoscenza e superiorità tecnologica applicata ai diversi campi del sapere. Alla generazione di Svetonio mancò forse una figura.
I tempi erano cambiati e con essi la magia della cultura tecnocratica ellenistica.
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